venerdì 10 luglio 2015

La partecipazione popolare, la democrazia diretta e l'articolo 8 del Dlgs 267/00 (TUEL)

La partecipazione popolare e la democrazia diretta sono previste dalla nostra legge fondamentale (cfr. art. XVIII disp. trans. e finali della Costituzione italiana)  fin dalla sua entrata in vigore (1948).
Essendo la Costituzione italiana la legge fondamentale che - come si legge chiaramente dal succitato articolo : "dovrà essere FEDELMENTE osservata da tutti i cittadini e dagli ORGANI DELLO STATO" (fra cui il parlamento) come legge fondamentale della repubblica", ho avuto modo di appurare che tanto i cittadini (la stragrande maggioranza di essi) quanto gli organi dello Stato (i politici soprattutto) se ne sono sempre altamente fregati di considerarla tale.

Moltissimi cittadini manco l'hanno letta e neppure molti parlamentari - che devono votare i disegni di legge - la conoscono.
Praticamente se un disegno di legge presenta dei punti illegittimi (cfr. artt. 134 e 136 Cost.) i parlamentari lo votano tranquillamente perché non conoscono la Costituzione italiana.

I principi costituzionali riguardante la partecipazione popolare prevista agli artt. 46, 50 e 102 Cost. e la democrazia diretta prevista agli artt. 71, 75 e 138 sono stati infatti in parte negati (mancano le leggi attuative dei principi esposti agli artt. 46, 50 e 102 Cost.) ed in parte fortemente ostacolati con la legge attuativa dei principi esposti agli artt. 71, 75 e 138 Cost. (Legge 25 maggio 1970, n. 352).

Per i dettagli al riguardo rimando al post linkato in calce.

Nonostante gli ostacoli e  i vuoti legislativi riguardanti i punti principali della democrazia (l'esercizio della sovranità che appartiene al popolo - cfr. art. 1 comma 2 Cost.)  il parlamento italico nel 1990 emanò una legge intitolata: "Ordinamento delle autonomie locali" (Legge 8 giugno 1990, n. 142) ed ha poi modificato la Costituzione italiana nel 1999 e nel 2001 rafforzando (ma solo sulla carta) la partecipazione popolare e la democrazia diretta (con leggi di revisione costituzionale hanno modificato gli artt. 118 e 123 Cost.).

Perché una legge delle AUTONOMIE LOCALI ?

In primo luogo perché fu già nelle intenzioni dei padri costituenti un graduale passaggio di poteri dagli organi centrali (parlamento e governo) agli organi locali (Regioni, Province e Comuni) - cfr. art. IX disp. trans. e finali Cost. e art. 5 Cost. (quest'ultimo nei principi FONDAMENTALI della Costituzione italiana), ovvero un DECENTRAMENTO.

In secondo luogo perché l'Italia, come aveva fatto prima in altre occasioni, aveva sottoscritto una convenzione internazionale (nella fattispecie europea), intitolata: Carta Europea delle autonomie locali, che trattava tanto il decentramento quanto la democrazia diretta.


Da notare che la democrazia diretta, componente essenziale della democrazia, che non abolisce assolutamente i rappresentanti eletti (nazionali e locali) funziona meglio nei paesi con poteri più decentrati (v. Stati federali).
Siccome le convenzioni ed i trattati internazionali non vengono sottoscritti dalle massime autorità democratiche degli Stati (parlamenti) ma dai governi ... affinché gli Stati siano effettivamente ed ufficialmente obbligati a rispettare dette convenzioni e trattati devono RATIFICARE con legge nazionale, emanata ovviamente dai rispettivi parlamenti, le convenzioni ed i trattati sottoscritti dai rispettivi capi di governo.

La carta Europea delle autonomie locali fu sottoscritta dal Governo italiano a Strasburgo il 15 ottobre 1985 e fu ratificata con legge nazionale dal parlamento italiano nel 1989, con la Legge 30 dicembre 1989, n. 439.

Ecco perché poco meno di un anno dopo nacque la Legge n. 142/90 riguardante gli Enti locali.

L'art. 6 di detta Legge era intitolato: "Partecipazione popolare" e indicava una serie di strumenti e mezzi che le amministrazioni locali dovevano garantire ai cittadini affinché potessero partecipare all'amministrazione del territorio in cui vivevano e dove pagavano tasse e balzelli vari.
Detti strumenti dovevano essere inseriti negli Statuti comunali, provinciali e regionali ed  attuati con appositi regolamenti (in moltissimi Comuni ancora inesistenti benché trascorsi oltre 24 anni)

Successivamente la legge 142/90 fu modificata dalla Legge 3 agosto 1999, n. 265 e l'art. 6 della legge 142/90 fu sostituito dall'art. 3 della legge di modifica citata.

L'ultima modifica all'ordinamento degli enti locali venne fatta dal Governo su delega del Parlamento attraverso il Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (detto in breve T.U.E.L - ovvero Testo Unico delle leggi sull'ordinamento degli Enti Locali) e l'articolo 3 della Legge 265/99 fu sostituito dall'art. 8 del vigente Dlgs 267/00.

Vediamo di concentrarci su un particolare a mio avviso degno di nota:

Mentre nella relazione illustrativa della Carta Europea delle Autonomie Locali non si citava il tipo di referendum che gli enti locali dei vari Stati dovevano introdurre negli Statuti, i nostri politici - che devono evidentemente ritenersi più furbi di tutti nel beffeggiare la popolazione che dicono di rappresentare - hanno demandato alle amministrazioni locali la facoltà di introdurre nei vari Statuti il solo "referendum consultivo".

Gli amministratori locali che, come ben tutti sanno, sono membri degli stessi partiti in parlamento (di coloro che hanno deliberato la legge 142/90) hanno addirittura pensato di rendere NON VINCOLANTE quel tipo di referendum.

Poi hanno il coraggio di dire che i cittadini non partecipano !
Ma egregi amministratori eletti (con leggi elettorali per nulla democratiche e conformi al dettato costituzionale) che cosa devono partecipare a fare i cittadini se poi a decidere siete sempre e soltanto voi ? Anche in difformità della volontà popolare espressa col referendum ?

Come avevo già osservato i nostri rappresentanti sono molto bravi nel migliorare le leggi, tuttavia i miglioramenti restano sempre e solo sulla carta ma non nella pratica.
Come esistono ancora principi costituzionali inapplicati, ovvero privi di leggi attuative che permettono ai cittadini sovrani di utilizzare proficuamente i diritti di partecipazione e di democrazia diretta previsti ... esistono leggi piacevoli da leggere ma inutilizzabili per la mancanza di regolamenti attuativi e per la presenza dei soliti paletti che ostacolano l'utilizzo di strumenti di partecipazione e democrazia diretta.

Infatti già con la Legge 265/99 che ha modificato la precedente legge 142/90, è stata tolta la parola "consultivi" dopo la parola "referendum" e questo avrebbe potuto dare il via all'introduzione negli Statuti degli enti locali di referendum di qualsiasi tipo.

Dopo quella modifica di legge infatti oltre una decina di Comuni hanno introdotto referendum di tipo abrogativo e propositivo oltre a quello di tipo consultivo che è rimasto poiché già previsto.

Per tornare a quella colossale presa in giro del referendum consultivo che - mi preme ribadirlo - è stato un parto tipicamente italico poiché la Carta Europe non specificava alcuna tipologia di referendum da dare in mano ai cittadini vi invito a leggere la Relazione illustrativa della Carta Europea delle autonomie locali, con particolare attenzione agli artt. 3 e 5.

Se cliccate in tutti i documenti citati nel testo sopra, scritti col carattere in grassetto e di colore azzurro, potrete aprirli in formato PDF e leggerli comodamente o scaricarli e salvarli nel vostro computer.

Buona lettura e soprattutto buona MEDITAZIONE.

Dopodiché leggetevi lo Statuto del vostro Comune di residenza e verificate che tipi di referendum avete a disposizione per esercitare la vostra sovranità, almeno a livello Comunale ed ovviamente verificate se è stato deliberato il regolamento attuativo che vi permetterà di utilizzare i referendum previsti dallo Statuto (senza quel regolamento potreste avere tutti i tipi di referendum possibili ed immaginabili ma non potreste utilizzarli ... esattamente come non si è potuto utilizzare il referendum abrogativo nazionale fino a che il parlamento non emanò la legge attuativa nel 1970).


Il primo referendum votato dal popolo fu nel 1974 (dopo 4 anni dall'introduzione della legge 25 maggio 1970, n. 352).



L'art. 8 del Dlgs 267/00 in vigore da 14 anni recita:
Articolo 8
Partecipazione popolare

1. I comuni, anche su base di quartiere o di frazione, valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione popolare all'amministrazione locale. I rapporti di tali forme associative sono disciplinati dallo statuto.

2. Nel procedimento relativo, all'adozione di atti che incidono su situazioni giuridiche soggettive devono essere previste forme di partecipazione degli interessati secondo le modalita' stabilite dallo statuto, nell'osservanza dei principi stabiliti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241.

3. Nello statuto devono essere previste forme di consultazione della popolazione nonche' procedure per l'ammissione di istanze, petizioni e proposte di cittadini singoli o associati dirette a promuovere interventi per la migliore tutela di interessi collettivi e devono essere, altresi', determinate le garanzie per il loro tempestivo esame. Possono essere, altresi', previsti referendum anche su richiesta di un adeguato numero di cittadini.

4. Le consultazioni e i referendum di cui al presente articolo devono riguardare materie di esclusiva competenza locale e non possono avere luogo in coincidenza con operazioni elettorali provinciali, comunali e circoscrizionali.

5. Lo statuto, ispirandosi ai principi di cui alla legge 8 marzo 1994, n. 203, e al decreto legislativo 25 luglio 1999, n. 286, promuove forme di partecipazione alla vita pubblica locale dei cittadini dell'Unione europea e degli stranieri regolarmente soggiornanti.


Scarica la relazione da allegare alla richiesta di modifica dello Statuto comunale da presentare all'amministrazione sotto forma di istanza, petizione o proposta:
https://drive.google.com/file/d/0B3VJtb29p-kaaEtxRDVUZ1N2TWs/view?usp=sharing

(nel post linkato qui sopra ci sono in calce altri link che evidenziano le trappole che i parlamentari italici hanno posto ai diritti di partecipazione e di democrazia diretta) .




2 commenti:

  1. Ciao bruno ho visto statuto del mio comune parla della partecipazione popolare, ma nn ci sono regolamenti rifferiti a quell'articolo

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    1. Ciao, ti assicuro che il tuo non à l'unico Comune a non aver deliberato quel tipo di regolamento.... se ti può consolare ti garantisco che i Comuni che hanno deliberato il regolamento in questione sono circa un decimo di tutti i Comuni italiani.

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